Progetto Fusion al Festival delle Passioni di Mantova

L’analisi sensoriale è sinestetica e non può essere oggettiva(*).

(*) L’unica analisi sensoriale oggettiva che conosco è quella eseguita dal rilevatore nell’olfattometria.

Devo dire che il progetto Fusion del Festival delle Passioni ha fornito prove convincenti, anche se giocate su performance tra loro diverse che hanno rispecchiato le personalità degli esecutori.

Massimo Bottura e Stefano Fresi hanno puntato sulla teatralità del quotidiano, sui gesti che di norma ciascuno di noi compie nelle proprie case, e non a caso la performance si è svolta in una piazza, luogo popolare deputato all’incontro, in questo caso umoristico e giocoso, senza nessuna velleità filosofica, ma con l’intento di mangiarsi un bel piatto di spaghetti (impreziosite dalle “meatballs”)! E infatti questo approccio fruibile e, concedetemi il termine, “disinibito”, ha trovato grande appeal nel pubblico che ha assistito.





Anche Mauro Uliassi e Paolo Angeli puntano sul “reale”, ma con un accento introspettivo. Il mare, la spiaggia, gli umori dell’aria di Senigallia sono per Uliassi l’imprescindibile punto di partenza per capire i frutti dell’acqua e della terra, e sul modo per poterli trasformare in un piatto di alta qualità.



L’evocativa storia delle “alici felici”, che vengono pescate con l’inganno della lampara, ma in un momento per loro di massima “eccitazione”, è campo di fertile ispirazione per il poliedrico Paolo Angeli, che grazie alla sua preparazione etnologica, conduce il pubblico in mezzo al mare con suoni onomatopeici ed evocativi, che materializzano la calata delle nasse e la pesca che sa di miracoloso…



Siamo ancora però nel campo dell’ “abbinamento cibo-musica”, l’ambito fusion viene avvicinato da Enrico Crippa che nella collaborazione con Beatrice Antolini trova un rapportiodi interessante biunivocità. Enrico osserva le erbe che spontaneamente crescono, un microcosmo zen nel quale i tempi non sono quelli dell’uomo ma quelli della natura. Come in un orto sinergico , il cuoco non deve far altro che assecondare questo lento divenire (per questo gli ingredienti possono essere 21, 31 o 41…); il suo atto creativo è costruire una sequenza “verticale” di sensazioni (tra l’altro riuscita e gustosissima). Recependo questo messaggio la giovane musicista riesce a scrivere un brano articolato, che presenta inizialmente il tema all’ascoltatore, per poi cambiare referente e dettare i tempi di esecuzione allo chef: questo difficile compito simbiotico è stato a mio avviso brillantemente risolto.



Massimiliano Alajmo studia accuratamente l’aspetto sinestetico, e propone insieme a Pasquale Mirra una performance destrutturata. Per rafforzare la sua tesi, Alajmo non esegue in diretta la sua preparazione (qui la descrizione di Maria Grazia), già filmata nel suo ristorante, ma evoca i singoli ingredienti attraverso i colori, i profumi diffusi in sala dal Maestro profumiere Lorenzo Dante Ferro, e le immagini filmate con i relativi suoni della cucina. Questa volta il referente è il percussionista Mirra con il suo vibrafono, che “investito” da questi stimoli sensoriali, improvvisa i suoni che meglio si addicono ad ogni singolo ingrediente.





La composizione che egli ha già invece elaborato viene suonata quando il piatto è concluso, e la circolarità della performance è testimoniata dal suono del carillon all’inizio e alla fine dell’esecuzione.

Per chi segue il nostro blog e si è avvicinato al ragionamento fatto per l’ “abbinamento vino-musica”, ritroverà nell’idea di Alajmo e Mirra l’idea che qui ho riassunto (grazie all’amico Andrea Gori per le fondamentali riprese):



Chiaramente a questo punto non potevo esimermi dal chiedere a Massimiliano Alajmo chi è il maggior “beneficiario” dell’aspetto sinestetico in gastronomia, se sia lo chef che passo passo è partecipe del sovrapporsi delle sensazioni durante l’esecuzione della ricetta, o il cliente che al tavolo a ritroso ha la possibilità di “decifrare e beneficiare” della preparazione.

La risposta, logica, è legata al metodo sperimentale, che ci vuole immersi in un “sistema perturbato”.


Commenti

M.Grazia ha detto…
Ottima sintesi, caro Mirco e grazie per la citazione! Quasi tutto condivisibile, anche se, come ho scritto, ritengo la performance di Alajmo Mirra tecnicamente perfetta ma non del tutto convincente proprio in relazione alla domanda finale nel fimato. Utente finale che per dare corpo alle sensazioni evocate dovrebbe necesariamente recarsi a Le Calandre. Viceversa tutto resta nei confini di un' evocazione e di una dimostrazione quasi didattica della bravura dello chef, poggiata, questo sì su una provocazione sinestesica.
Sul tema musica e vino hai visto il Post di F. rizzari sul Blog Espresso?
Un caro saluto, conto di venire a trovarti a fine agosto o primi di settembre.
MG
Percorso Primaro ha detto…
Ciao Maria Grazia, tutto bene?
Be', a proposito di Alajmo e Mirra, il mio apprezzamento è dovuto proprio al fatto che ho vissuto in maniera didattica la performance... sarebbe interessare implementare l'idea con un secondo progetto...
Grazie per la segnalazione, vado subito a leggere...
Ti aspetto, ciao!

Mirco