esta breve storia scorre a fianco del fiume Lamone, nella pianura romagnola, a pochi km da Ravenna.
È un viaggio controcorrente che parte
dalla foce in prossimità di Punta Alberete, antico bosco
idrofilo ancora capace di raccontare questo territorio da sempre in
bilico fra terra ed acqua.
Proprio lungo questo sottile confine
l'uomo si è sempre appostato per cogliere i doni della natura e, in
tempi di grande povertà, cacciare i numerosi volatili migratori in
transito dal sud del Mediterraneo verso il Delta del Po.
Antico ausilio alla caccia, il
“roccolo” è stato un utile, sebbene idealmente crudele,
aiuto alla cattura degli uccelli: una rete circolare sulla quale
piante rampicanti si avviluppano per offrire i loro frutti ai
malaugurati avventori pennuti.
Chiaramente la vite con le sue forme, e
di conseguenza l'uva, aiutano nell'intento, e in questa zona ce n'è
sempre stata una davvero ottima al caso: scura, dolcissima, dalla
maturazione tardiva, adatta all'appassimento in pianta; oggi si
chiama Uva Longanesi, uno dei pochi vitigni a portare il
Cognome di colui che l'ha salvata dall'oblio...
Parliamo di Antonio Longanesi,
il cui discendente Daniele
è degnissimo erede e ancor oggi produttore fra i più rinomati
della zona, basti citare il suo curiossisimo “Anemo”, vino rosso
passito di stoffa.
Risalendo come promesso il Lamone (oggi
lo si può fare sui suoi argini in bicicletta, sfruttando una bella
pista ciclabile della quale parlo qui)
si giunge dopo un'oretta abbondante di pedalata a Boncellino,
paese natio di Stefano Pelloni detto il “Passatore cortese”,
citato anche da Giovanni Pascoli nella sua celebre “Romagna”,
anche se a leggere le cronache del tempo (vedi il libro di Agide
Vandini, “I briganti della palude”, del quale ho raccontato
qui)
di cortese aveva ben poco, ma che nell'immaginario delle genti
romagnole ha sempre rappresentato quell'ideale di libertà ed
indipendenza caro a questa sanguigna comunità.
Siamo nel comune di Bagnacavallo,
territorio di elezione dell'Uva Longanesi, dove il prodigo Consorzio
“Il Bagnacavallo” lavora da anni per
valorizzare questo vino.
Diciamo subito che non è facile: il
Longanesi, localmente chiamato Bursôn,
è un rosso in gioventù molto scontroso, dai tannini arcuati e
pungenti al palato, che si ingentiliscono soltanto con un lungo
affinamento prima in botte di legno (ormai i produttori locali
prediligono i tonneau nuovi), poi in bottiglia.
Si fa ricerca nelle cantine, con prove
ripetute negli anni, spesso seguite da un ottimo enologo di
Bagnacavallo, Sergio Ragazzini, fino a delineare un profilo che
porta alla “codifica” di un packaging comune per i Soci de “Il
Bagnacavallo”, ma sopratutto a due prodotti: il capsula blu
(più giovane, in parte prodotto con la tecnica della macerazione
carbonica, e difficilmente commercializzato prima di 2 anni dalla
vendemmia) e il capsula nera (con affinamento di una paio
d'anni in botte e altrettanti in bottiglia).
Bene, come vi dicevo il nostro viaggio
si ferma qui, a Boncellino, sotto le sponde del Lamone, dove si
trova l'Azienda Agricola Zini, ed è proprio a Franco Zini che
abbiamo chiesto di raccontarci l'affascinante storia del Bursôn....
Naturalmente la nostra gita in Romagna
finisce come sempre a “Casa Fuschini”, dove abbiamo assaggiato
per voi il “capsula blu” e il “capsula nera” di Franco...
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