A tavola con gli Estensi: la Salama da sugo

Il Trofeo Nuvolari all’Antica Fiera di Portomaggiore, dedicata, come si può ben vedere, alla Salama da sugo



La Salama da sugo è uno degli emblemi della gastronomia ferrarese. Si tratta di un insaccato di carne suina il cui involucro è la vescica del maiale. I tagli che normalmente vengono utilizzati sono: spalla, pancetta, muscoli delle zampe, coppone, guancia, lingua e fegato. All’impasto viene aggiunto sale, pepe e vino rosso. Dopo l’insaccatura, che è la fase più delicata della lavorazione e nella quale si devono evitare ristagni d’aria, la salama si presenta di forma rotondeggiante, e viene legata prima verticalmente a formare otto spicchi, poi orizzontalmente al centro. Oggi giorno è prassi sostituire lo spago orizzontale con un elastico al fine di evitare il distacco dell’impasto dall’involucro durante l’affinamento, che comporta una sensibile diminuzione del volume. La stagionatura avviene in appositi locali appendendola ad una pertica per 10-12 mesi. La preparazione avviene a bagno maria per oltre 8 ore, avendo cura di recuperare il sugo di cottura che viene poi versato sulla Salama dopo averne tagliato la sommità; è tradizione servire assieme alla salama un purè di patate che ne smorza la forte sapidità e succulenza. Le sue origini risalgono al XV secolo, e sembra che i primi produttori siano stati “porcaioli” provenienti dalle montagne del Trentino e della Valtellina. Fatto sta che il “salame alla ferrarese” ebbe molto successo fin da quel periodo, tanto che lo stesso Lorenzo de’ Medici, Signore di Firenze, in una lettera datata 15 febbraio 1481 ringraziò il Duca Ercole I per il gradito dono di una Salama da sugo.

Gli ingredienti, il grado di stagionatura del prodotto e la considerevole speziatura fanno sì che la preparazione sia strutturata, presenti una grassezza ed untuosità percettibili che contribuiscono a renderla anche particolarmente succulenta, vale a dire che richiede un’abbondante salivazione per deglutire ogni assaggio. Ricordando che un piatto strutturato e succulento necessita l’abbinamento con un vino alcolico e tannico al fine di “asciugare” la bocca e prepararla al successivo boccone, ne deriva che si renda necessario un vino rosso di corpo che potrebbe essere, per rimanere nella Regione Emilia Romagna, un Gutturnio dei Colli Piacentini DOC Riserva, un Barbera dei Colli Bolognesi DOC o il “Burson” di Ravenna IGT prodotto con l’Uva Longanesi, della quale abbiamo già parlato qui.
Questa la teoria… realizzare però tali accostamenti oltre a richiedere l’immediato intervento del dietologo, causerebbe la quasi immediata saturazione del nostro appetito; per non rinunciare dunque a questa prelibatezza meglio dirottare la nostra attenzione su vini più “leggeri”, che sopperiscono al loro esile corpo con una buona sapidità e magari effervescenza che permettono di smorzare la grassezza della preparazione.
Ecco quindi suggellarsi un matrimonio della tradizione ferrarese fra Salama da sugo e Fortana frizzante del Bosco Eliceo DOC, ma altri vini rossi frizzanti regionali potrebbero risultare ugualmente all’altezza: dalla nutrita schiera dei Lambruschi (non solo le classiche DOC modenesi, ma anche il Lambrusco Reggiano DOC) alla Bonarda frizzante dei Colli Piacentini DOC, prodotta con il vitigno Croatina.
Come sempre ribadisco: nell’abbinamento un occhio di riguardo va alla tradizione, quindi libero sfogo alle proprie conoscenze senza eccedere nelle calorie, ovviamente…




Commenti

val ha detto…
Ciao carissimo! Come stai?
Il tuo cd mi ha fatto compagnia tutta estate...adesso non mi puoi lasciare senza la versione autunno-inverno!! ;-)